Intervista a Verusca Gasparroni specialista in Medicina Fisica e Riabilitazione, esperta di età pediatrica
“Capita spesso che un bambino venga al controllo perché l’insegnante di educazione fisica o la maestra della scuola dell’infanzia hanno notato che corre male, che è scoordinato. In questi casi si parla di disturbi della coordinazione motoria, che in maniera molto generale possiamo definire come un impaccio degli arti superiori e/o degli arti inferiori, la difficoltà di muoverli insieme in modo coordinato, o di stare in equilibrio. Un gioco che li rivela molto bene è il gioco della campana, per esempio, dove bisogna alternare il salto su un piede solo a quello su due. Di bambini che non sono in grado di farlo ne vediamo sempre di più”.
Sono disturbi in aumento, quindi?
“Sì, è sempre più frequente ricevere in ambulatorio bambini che non sanno correre, non sanno saltare, non sanno stare in equilibrio da fermi. Ma a due anni, se non ci sono condizioni particolari, un bambino è in grado di saltare su due piedi e a tre anni è capace di saltare su un piede solo. Le difficoltà sempre più frequenti che i bambini incontrano in queste attività sono dovute, banalmente, a inesperienza: non lo sanno fare perché, semplicemente, non lo fanno abbastanza. Oggi i bambini trascorrono tutto il proprio tempo in contesti strutturati: vanno a scuola, poi hanno piscina, musica, c’è l’ora di basket, inglese… Manca completamente l’attività fisica libera, dove avrebbero la possibilità di sperimentare il proprio corpo, il movimento e le abilità grossomotorie. Esattamente quelle abilità che fino a qualche anno fa tutti esercitavamo giocando nel cortile di casa. Ora i bambini si trovano spesso a dover fare psicomotricità per compensare questa carenza legata allo stile di vita”.
Come vengono diagnosticati e trattati questi disturbi?
“In prima istanza, durante la valutazione globale in ambulatorio, il fisiatra chiede al bambino di eseguire determinati gesti per mettere a fuoco la difficoltà e la gravità della stessa. In seconda battuta, ci sono delle scale di valutazione specifiche, ma è importante procedere per gradi. Alla prima richiesta un bambino può non sapere rispondere adeguatamente per timidezza, o perché non ha capito cosa gli viene chiesto. Serve gradualità e capacità di osservazione. La cosa fondamentale, comunque, è riuscire a inquadrare le difficoltà in modo da suggerire al genitore le possibili soluzioni, che spesso si limitano ad alcuni esercizi che il bambino può fare a casa, o a suggerimenti su come farlo camminare, quali calzature utilizzare. In casi più importanti, invece, si possono intraprendere percorsi fisioterapici.
Quali consigli possiamo dare, quindi, ai genitori?
Sicuramente di non trascurare l’attività fisica dei figli: in questo momento storico – emergenza sanitaria, a parte – è fondamentale che i bambini possano fare attività fisica, possibilmente all’aperto, almeno 2 o 3 volte alla settimana. E, laddove possibile, che abbiano il tempo per il gioco libero. Poi ci sono abitudini quotidiane che sarebbe utile far proprie, per esempio quello di lasciare i bambini camminare scalzi laddove possibile. È molto importante che il piede possa essere un organo di senso, prima che di movimento, libero di muoversi nudo su superfici differenti e irregolari: prati, sassi… Solo così può assolvere alla sua funzione di organo sensoriale, organo che parla al cervello e gli fornisce le informazioni utili perché questo attivi la muscolatura necessaria a evitare la caduta. Indossiamo sempre le calzature e per questo siamo molto a disagio quando dobbiamo muoverci su terreni non perfettamente regolari, come un prato o i ciottoli di una spiaggia, ma questa è una capacità che si può allenare facilmente nei bambini ed anche negli adulti.